di TransMediaWatchItalia|Pubblicato
Cosa è la transfobia? Un’avversione nei confronti delle persone trans che può portare a comportamenti nocivi nei loro confronti. Non concordo con la Treccani che debba essere ossessiva per essere transfobia. Spesso è inconscia e quindi non analizzata.
In settimana si spera che il testo unificato del DDL contro l’omobitransfobia venga depositato in Commissione Giustizia della Camera per la discussione.
Nel frattempo, anche in concomitanza con le proteste americane di Black Trans Lives Matter (le vite trans nere contano) sono usciti diversi articoli sulle persone trans nere brutalmente uccise negli USA nell’ultimo mese: Nina Pop, 28 anni; Dominique “Rem’Mie” Fells, 27 anni; Riah Milton, 25 anni; Tony McDade, 38 anni. È anche stata aggredita una donna trans, Iyanna Dior, 21 anni.
Questa concomitanza di eventi: la prossima discussione di una legge contro l’omobitransfobia, le violenze contro le persone trans e le proteste globali contro il razzismo mi hanno invogliato a riguardare i dati sugli omicidi e sui suicidi che sono andat* certosinamente a scavare negli archivi online. E mi sembra che non esista un momento più adatto per fornire una sintesi degli stessi.
Premesse e limiti di questa ricerca
Vi prego di considerare che questi dati non sono in alcun modo esaustivi, specialmente per quanto riguarda gli anni prima del 2000. Dovete inoltre considerare che ho raccolto i dati solo dove se ne è parlato sui quotidiani locali o nazionali maggiori e che non avevo accesso a tutti gli archivi online: solo a quelli di Repubblica, Corriere e La Stampa. Inoltre solo alcuni archivi online, come quello de La Stampa e del Corriere arrivano molto indietro nel tempo. Questo costituisce un limite che presentano i dati.
A mio avviso questi dati, soprattutto i meno recenti, nascondono molte più morti di quelle che vi presenterò. Lo dico sulla base del fatto che quando sparisce una persona trans, almeno che non abbia un network di amicizie solide alle spalle, difficilmente qualcun* riuscirà a farne scrivere su un giornale. E anche sulla base del fatto che si cominciano ora a problematizzare gli omicidi delle persone trans, grazie anche ai dati mondiali del progetto Trans Murder Monitoring, ma fino a poco tempo fa si è dato per scontato che fosse normale morire in quanto trans.
Un esempio: Camilla, scomparsa a Porto d’Ascoli. Sappiamo di lei grazie alle sue amicizie, altrimenti sarebbe scomparsa nel nulla. Appena un trafiletto su un quotidiano locale e poi il vuoto perché la scomparsa non interessava a livello giornalistico. Non c’erano sospetti, eccessi da sbandierare o altri elementi che potessero attrarre attenzione a parte una ipotesi di suicidio basata su una presunta depressione. Non si è ancora trovato il corpo.
Un altro esempio di scomparsa più recente è quello di Lara Bercelos, che però è finita sulla trasmissione di RAI 3 “Chi l’ha visto?”, si è indagato per omicidio il partner e le sue ricerche sono state documentate dai giornali locali per ben 4 mesi. Il corpo non è stato trovato nemmeno nel suo caso ma vedere che c’è stata meno indifferenza e più informazione e interesse mi fa sperare che le cose possano migliorare. Che si possa dare lo stesso valore alla vita di una persona trans scomparsa di quella che si dà a quella di una persona cis scomparsa.
Omicidi
I dati sono di 164 omicidi che coprono un arco temporale che va da febbraio 1972 a oggi.
La prima cosa che colpisce è che la maggioranza delle persone trans uccise sono straniere. Black Lives Matter anche qui, o forse sarebbe il caso di dire Latino Lives Matter perché la provenienza della maggior parte delle persone morte è sudamericana.
Comparando le prime due nazionalità per numero (brasiliana e italiana) nel tempo, si nota che il fenomeno degli omicidi di donne trans brasiliane si sostanzia negli anni ’90 e cresce fino ad oltrepassare per tre decadi nettamente il numero di vittime italiane.
Il genere è praticamente quasi esclusivamente femminile. Ci sono stati due uomini trans e un paio di persone queer che oggi si potrebbero anche definire non-binarie. Ma per il resto purtroppo gli omicidi riguardano quasi esclusivamente le donne trans e in maggioranza le sex-workers. Al contrario di Arcilesbica, non ritengo che essere sex-worker giustifichi il venire uccise.
La distribuzione dell’età in cui si muore è molto bassa con la maggioranza che si concentra tra i 25 e i 45 anni.
I tipi di omicidio sono per lo più violenti. I corpi presentano principalmente ferite di arma da taglio, da fuoco e contusioni. Specialmente le coltellate vengono inferte dalla furia transfobica in numeri raccapriccianti, che vanno ben oltre il desiderio di uccidere, come accade anche nei femminicidi di donne cisgender. Nello specifico, nel caso di clienti di sex-workers, c’è quasi un copione: una volta compreso che si tratta di una donna trans, l’uomo si sente talmente ferito nel suo ego per aver creduto che fosse una donna cisgender che scatena la sua furia per annullarla. E il guaio è che anche quando si parla di omicidi o aggressioni sui media, questo tipo di comportamento viene spesso giustificato dal linguaggio, attribuendo la responsabilità alla sex-worker invece che all’omicida o all’aggressore o minimizzando l’accaduto. Per esempio si è definito “Uno spiacevole equivoco” un’aggressione ad una donna trans ma non si definirebbe mai “Uno spiacevole equivoco” un’aggressione a qualsiasi altra persona.
Un sguardo alle overdose è doveroso vista la frequenza di illazioni di overdose sui media che spesso provengono dalle questure. Dai dati in mio possesso emerge che l’overdose era prevalente dal 1981 al 1990 con 7 casi; nel 1992 c’è stato 1 caso e nel 2008, 1 caso. Fine. In alcuni di questi casi l’overdose non era nemmeno autosomministrata ma era inflitta per uccidere la persona.
Un altro capitolo che vale la pena di sviscerare sono gli investimenti stradali. In 1/4 dei casi si è trattato di un incidente fortuito, in 1/4 c’è un chiaro movente transfobico. Si va da chi lo ha fatto “per gioco” perché ritiene la vita delle sex-workers non valga nulla a chi lo ha usato come ulteriore metodo per ucciderle dopo che aveva tentato di farlo prima con altri metodi. Nel resto dei casi se c’è un movente transfobico, è sconosciuto e spesso (specie in passato) nemmeno indagato.
La distribuzione sul territorio italiano vede la maggior parte degli omicidi (56) concentrati in Lombardia, al secondo posto il Lazio (34), al terzo la Toscana (16), seguite dal Piemonte e dall’Emilia Romagna con 13 omicidi ciascuno. Nessun caso è stato registrato in Molise e in Basilicata. Nel resto delle regioni si va da 1 caso a 7 casi.
La mappa completa di omicidi e suicidi, la trovate qui con nomi, età, nazionalità, storie e geolocazione e fonti e quant’altro sia riuscit* ad estrapolare dagli articoli che ho letto.
Condivido anche il database degli omicidi (quello dei suicidi non posso condividerlo per motivi di privacy) scaricabile qui di seguito di modo che, essendo open data, chiunque possa controllarlo per eventuali errori.
https://web.archive.org/web/20220123025423if_/https://docs.google.com/spreadsheets/d/e/2PACX-1vTKVYW5m0zMpemJRECLLj4ai46VoCzikQEgbjt1ms9wbGJDfFCjou8EPBKbP52WuCAKZffVYDow1Q9Y/pubhtml?gid=0&single=true&widget=true&headers=false
Suicidi
Piccola parentesi storica. Mentre cercavo dati sui suicidi ho fatto una scoperta triste e meravigliosa allo stesso tempo. Triste perché si tratta comunque di un suicidio. Meravigliosa perché non mi aspettavo di trovare negli archivi la testimonianza dell’esistenza di una donna trans in Italia, nel 1900.
Che siamo sempre esistit* anche quando non esistevano operazioni chirurgiche lo si sa. Ci sono innumerevoli testimonianze soprattutto all’estero. In Italia non ne ho sentite, ma può darsi che sia dovuto alla mia ignoranza.
(Clemente) Fera era una donna trans che ha vissuto da donna nel 1900. Non potendo usare i documenti al maschile mentre viveva a tempo pieno da donna, probabilmente si è approfittata dell’immaginario sessista dell’epoca, per vivere di furti pur di vivere in modo autentico. È morta giovanissima e suicida a 30 anni subito dopo l’arresto, a Torino. La polizia ha rinvenuto in casa sua solo abiti femminili.
Per lo stesso motivo per cui alla scomparsa di una persona trans non viene dato molto peso, lo stesso accade con il suicidio. Il suicidio delle persone trans fa meno notizia dell’omicidio. Veniva quasi dato per scontato in passato. È difficilissimo trovare articoli che parlino dei suicidi che non siano recenti. Quando si tratta del suicidio in carcere si trovano giusto i nomi o le iniziali accorpati con quelli di altre persone che si sono suicidate.
In più per quanto riguarda il suicidio, è molto probabile, come la cronaca recente ha evidenziato, che i parenti a causa della transfobia vogliano insabbiarlo, usino il deadname, usino termini o storie medicalizzanti raccontandole come persone disturbate e che quindi cancellino la sua esistenza di persona trans per non provare disagio loro stessi. Non sto dicendo che accada sempre, ma che può accadere e che più ci addentriamo nel passato, più è probabile che accadesse e che abbia contribuito all’invisibilità del suicidio della persone trans.
Una nota particolarmente dolente dei dati è che sui 39 suicidi e tentati suicidi, 1/4 sono accaduti in questure, carceri, comunità di accoglienza. Tutti luoghi in cui le persone trans non sono previste né immaginate. Le donne trans vengono costrette a condividere gli spazi con uomini, umiliandole continuamente e sono anche costrette a convivere con ostilità e ignoranza da più fonti: quella istituzionale e quella di chi condivide con loro gli spazi.
Sono riuscit* a scovare 39 casi di suicidio e tentato suicidio che vanno dal 1900 a oggi. Non fate molto caso al fatto che negli ultimi dieci anni sembra che ci sia stata un’impennata di suicidi. Semplicemente se ne parla di più sulla stampa e i dati sono più reperibili online.
Il suicidio più triste per la giovane età e per la sua storia, è stato quello di Loredana, suicida a 16 anni in una struttura di accoglienza per uomini in provincia di Agrigento. Si trovava lì perché aveva subito abusi da parte della famiglia: padre violento e madre indifferente alle violenze.
Se invece di fingere preoccupazione e di fare tanta polemica sui bloccanti, ci si occupasse delle violenze familiari che dobbiamo subire fin dalla nascita e che spesso ci portano ad avere pensieri suicidari fin da tenere età in quanto trans, sarebbe più utile. Altrimenti questa finta preoccupazione è solo transfobia mascherata.
La famiglia uccide se è transfobica. Questo è un dato di fatto. Una famiglia che si vergogna de* figli* è una famiglia che può compiere qualsiasi efferatezza. Una delle storie più raccapriccianti che ho letto negli omicidi è stata quella di (Giuseppe) Mandanici che è stat* fatt* assassinare dal padre che ha pagato un vicino perché si vergognava di l*i. Non è mort* immediatamente, è mort* in ospedale dove ha dovuto subire anche il gaslighting e sia il padre che il vicino sono stati assolti al processo. Il padre si è suicidato anni dopo.
In Finlandia hanno documentato come più del 40% delle persone LGBTQI+ subisce violenza psicologica dai genitori o altri adulti addetti alla cura.Le “terapie” riparative sono spesso imposte dalla famiglia, non scelte liberamente. Chi sceglierebbe di sottoporsi ad una valanga di vergogna e paura su chi è e su chi ama? I genitori che costringono i figli a sottoporsi a queste terapie, si preoccupano più della loro immagine che del benessere dei figli. A livello internazionale si è riconosciuto come costituiscano un trattamento crudele, disumano e degradante. Nel suo report per lo Human Rights Council, Victor Madrigal-Borloz, esperto indipendente alle Nazioni Unite, chiede che vengano rese illegali a livello mondiale (a proposito, firmate la petizione di Possibile per renderle illegali anche in Italia).
Sarebbe altrettanto utile immaginare le persone trans in ogni luogo in cui si immaginano le persone cis. Il suicidio di Loredana sarebbe stato evitabile se fossimo esistite come persone nell’immaginario cisgender invece che come capri espiatori. Se in una struttura non metteresti una donna, non dovresti metterci nemmeno una donna trans. Nessuno mette in discussione gli spazi esclusivi per sole donne cis. Ma questo non significa che non si possano trattare con umanità le donne trans e riconoscere che le donne trans sono donne. Come ha giustamente fatto notare Bryn su Twitter:Non esistono uomini che fingono di essere donne trans. Indicatemi un uomo che sia disposto a prendere un farmaco che gli dia una disfunzione erettile e che gli faccia crescere il seno, sto aspettando.
Le vite trans contano. Le vite trans latine e nere contano. Le vite trans sex-worker contano. L’augurio è che, se questa legge contro l’omobitransfobia verrà approvata, contribuisca a diminuire i casi di omicidio e suicidio e contribuisca a migliorare le condizioni delle persone trans, operando al contempo un cambio culturale nella percezione delle persone e in particolare delle donne trans. Potete sostenere la legge firmando la campagna “Dà voce al rispetto” .
I media hanno un ruolo fondamentale, perché è la loro rappresentazione che va ad influire sull’immaginario attraverso la ripetizione quotidiana.